Bellissimi film. Non considerateli  “film denuncia” perchè non lo sono (forse lo vorrebbero essere). Il tema della precarietà è trattato come poteva esserlo quello della Naja oltre 20 anni fa. I due “problemi” (precarietà e naja) sono infatti il sottofondo della storia: storia che poi deve essere estremizzata perchè altrimenti risulterebbe di una banalità sconcertante.
La caserma o il call center sono così luoghi dell’incontro (e dello scontro) dove a prescindere dallo status sociale/culturale e dal conto in banca impari a conoscere veramente chi sei scoprendo lati bellissimi e bruttissimi del tuo carattere che pensavi di non avere.
Direi che fra i due film esiste una sola differenza: nel call center scegli di andarci; in caserma (almeno una volta) no: eri obbligato! Sembra poco, ma cambia radicalmente il punto di vista dello spettatore. Provare per credere!

5 Responses

  1. Non so voi e soprattutto non so Runner, ma io preferisco le denunce dal vivo, come i listati a lutto alla partenza della Stramilano…

  2. Forse non era per un film, d’altronde le uccisioni in Tibet sono realtà e non fantasia (orma raccontate già da anni anche in alcuni film).

  3. Parole sante… 7 anni in Tibet infatti descrive con lucidità quello che è successo nel momento in cui questa storia di sopruso è iniziata.

    Ben vengano quindi questo segnali di coscienza collettiva.

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