In questo post avrei voluto parlarvi della mia esperienza con lo zaino T3 della Tumi ma non lo farò. Avrei voluto fare una breve introduzione su che azienda è la Tumi ma mentre scrivevo ho visto che di roba da dire ne avevo eccome. Era il 2006 ed ero a New York per vacanza. Curiosando da Macy’s trovo all’ultimo piano, sezione valigeria, questo zaino e ho subito voglio di provarlo. Mi colpisce la sua forma: rigida ma anche il fatto che sia piuttosto leggero. Decido di acquistarlo accampando la scusa che un acquisto in vacanza ci sta. Il commesso mi dice che quello esposto è l’ultimo articolo rimasto. Dopo una trattativa serrata per avere un forte sconto me ne esco dal grande negozio con uno prodotto di un brand di cui avevo sentito parlare e a cui avevo inizialmente associato una fortissima anima business. Leggi: noiso, pesante e caro. In questi annI ho seguito l’azienda iscrivendomi alla sua newsletter, visitando il suo sito e ho visto un progressivo e costante cambiamento. Cosa che ho visto raramente nel settore della valigeria. Infatti mentre numerose aziende copiano, altre come Tumi capiscono che il mondo è cambiato e lo dicono chiaramente. Mi colpisce infatti il fatto che stiano comunicando soprattutto la rivoluzione in atto nelle abitudini di viaggio e che quindi “i contenitori” hanno bisogno di essere reinventati . Nei loro messaggi non parlano solo del prodotto ma mandano un messaggio: quello che portate nel vostro bagaglio è cambiato e noi lo sappiamo. Fatta eccezione per la Piquadro che ha usato “tech inside” facendo vedere più che altro la funzione dei loro prodotti, tutti gli altri si sono perlopiù concentrati sul design e sulla leggerezza. Vi consiglio quindi di visitare il loro sito e per farvi un esempio di cosa parlo date una occhiata ad un loro prodotto piuttosto caro ma interessante, si chiama Dror ed è un bagaglio espandibile e componibile. In abbinamento ac’è un “travel kit” che si può aprire per ridurre l’ingombro all’interno del trolley. Decisamente funzionale.
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