carrera abbraccia la moglie al traguardo

Amo gli elementi naturali e li rispetto. Sono nato a 200 metri dal mare e l’ho vissuto da nuotatore, da sub, da canoista e da velista. L’ho sempre temuto.

Mi sono trasferito più di dieci anni fa a Milano, in pianura che però guarda le montagne. Ottima per me che adoro, adoro, adoro camminare. Ovunque. Ma le montagne, le salite e le discese non le ho mai veramente masticate. Le ho al massimo assaggiate.

Nello sport, come nella vita, mi sono sempre considerato un entusiasta e un appassionato ma mai un grande emotivo. Non a caso mi è capitato di piangere solo una volta per motivi sportivi. Ero a Ferrara all’arrivo della prima mia maratona; preparata male, finita con il cuore e non con il cervello. Gli ultimi 6 km, ricordo, sono stati uno sforzo enorme non tanto per le gambe che andavano per conto loro ma per la testa: uno stillicidio, una tortura cinese. Il pianto è stata una liberazione dopo il carico di tensione che avevo dopo tutti quei km di sofferenza.

Poi è arrivato il Tor. Il mio contributo da camminatore non partecipante è stato irrisorio: 50 km in tre giorni toccando le vette a 3300m slm.
I postumi: fantozziani. Il ginocchio destro, quello operato è un po’ dolorante e poi ho un fastidio, non meglio precisato alla spalla sinistra, che quasi certamente parte dall’anca. Ah, gradoni di montagna, pensavo di conoscervi meglio!
Il Tor, si diceva: paesaggi maestosi, percorsi che nascondono ad ogni metro una insidia, quasi mai mortale, ma di quelle che possono rovinarti la settimana.
Ma prima dei paesaggi maestosi ci sono loro: i concorrenti. Ad ogni passaggio un applauso: ti verrebbe da abbracciarli uno per uno. Non so dirvi se è stima o invidia. Per me è semplicemente empatia. E’ quel legame che si crea quando ti trovi ,con altre persone, in un posto bello ma infido  e ti rendi conto di essere all’interno di un microcosmo.
Non a caso sono stato via tre giorni e quando sono rientrato in città mi è sembrato di essere stato via una settimana.
Ma torniamo alle lacrime. Beh non ho pianto ma quando Carrera è arrivato e ha abbracciato la moglie mi sono effettivamente un po’ commosso. Quando ho salutato i compagni di viaggio, i giornalisti del press tour, mi sono profondamente emozionato perché un po’ tutti anche se solo per 50 km, abbiamo sofferto, ci siamo aiutati e abbiamo avuto l’onore di vedere da vicino grandi o piccoli atleti, ma sempre, su tutto, delle grandi persone. E’ empatia allo stato puro.

Sono certo che l’anno prossimo il Tor sarà diverso. La notizia della morte di un atleta cinese ha fatto il giro del mondo e purtroppo questo, ne sono certo,  attirerà inevitabilmente alcuni atleti interessati a sfidare i propri limiti. Ma esistono atleti e atleti. Ci sono quelli bravi e consapevoli e quelli mediocri e inconsapevoli . Ecco io temo che un evento così tragico attirerà senza dubbio l’ultima categoria di atleti rendendoli a loro volta delle potenziali vittime. Spero tanto di sbagliarmi naturalmente.

Sono certo che tornerò sulle montagne e che ci tornerò con poca sicurezza in più ma con tantissimo rispetto. Ancor più di prima. Ma soprattutto ci tornerò con il sorriso e lo dispenserò a tutti coloro che incontrerò lungo la strada.

 

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